REGGIO CALABRIA. In esito agli accertamenti finanziari e alle articolate attività di riscontro che hanno riguardato decine di conti corrente e diversi Istituti di credito, assicurativi e finanziari, militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria, con il supporto del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di finanza ed unitamente al Ros Carabinieri, hanno eseguito sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del locale Tribunale con il quale è stata disposta nei confronti del medico chirurgo Francesco Cellini l’applicazione della ulteriore misura di prevenzione patrimoniale del sequestro di rapporti finanziari e bancari per un importo pari a circa 6 milioni di euro.
Il provvedimento magistratuale segue il sequestro finalizzato alla successiva confisca del patrimonio societario e immobiliare ubicato nella provincia di Reggio Calabria e nella città di Roma riconducibile al Cellini e al suo nucleo familiare effettuato nel marzo scorso per un valore stimato in circa 19 milioni di euro, sempre su ordine della citata Sezione Misure di Prevenzione.
Raggiunge pertanto il valore complessivo di circa 25 milioni di euro il patrimonio riconducibile al noto medico, attinto dalla misura di prevenzione del sequestro.
Tali provvedimenti traggono origine dalle risultanze delle attività investigative condotte dall’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Sansone” e concluse nel 2016 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali, cautelari e reali, nei confronti di 53 presunti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta “Condello” di Reggio Calabria e “Zito- Bertuca”, “Imerti - Buda” di Villa San Giovanni.
Nel relativo procedimento, Francesco Cellini risulta imputato per concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, poiché in qualità di medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa Anphora che gestisce la clinica “Nova Salus”, sita nella frazione di Cannitello di Villa San Giovanni, manifestava, in virtù dei rapporti di costante e reciproco scambio intrattenuti con il capo cosca Pasquale Bertuca, la disponibilità al ricovero presso la predetta struttura sanitaria di soggetti mafiosi vicini al Bertuca, consentendo loro di accedere a trattamenti penitenziari meno afflittivi della detenzione carceraria.
Inoltre prestava assistenza sanitaria ai latitanti Pasquale e Giovanni Tegano. In particolare, dalle plurime intercettazioni ambientali, era emersa l'esistenza di uno stabile rapporto di contiguità funzionale del Cellini con Pasquale Bertuca, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, in ragione del quale lo stesso Cellini si era più volte adoperato per favorire il ricovero presso la clinica “Nova Salus” di Villa San Giovanni di esponenti di varie consorterie vicini al Bertuca, su sollecitazione diretta e indiretta di quest' ultimo.
In tale clinica, infatti, era stata curata anche la madre di Pasquale Bertuca nonché alcuni esponenti di spicco della 'ndrangheta in regime di detenzione domiciliare, tra i quali Giacomo Latella, Mario Palaia, Pasquale Libri, Pasquale Pititto, Paolo Meduri, Domenico Grasso, Gennaro Ditto, Pasquale De Maio, Pasquale Bilardi, Francesco Pangallo, Giuseppe Mazzagatti.
Altresì, dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sono stati provati collegamenti tra Francesco Cellini e la ‘ndrangheta risalenti a periodi antecedenti il 2007 poiché è emerso che il proposto si prestava a fornire le cure mediche ai fratelli Tegano durante la loro risalente latitanza, iniziata nei primi anni novanta.
La figura del dottor Cellini era già emersa in precedenza anche nell’operazione del Ros denominata “Meta”, per i suoi rapporti con il boss calabro-milanese Giulio Giuseppe Lampada e con il politico Alberto Sarra.
Già nel 2007, Lampada, Sarra e Cellini dialogavano della possibilità di costruire una clinica nella frazione di Gallico, periferia nord di Reggio Calabria, all'interno di una proprietà dello stesso Lampada, che sarebbe stata gestita proprio dal Cellini, il quale, immediatamente, scartava l’ipotesi, per la non idoneità della struttura muraria preesistente.
In relazione all’attività sopra descritta su delega della Dda, il Nucleo di polizia economico finanziaria/Gico di Reggio Calabria, aveva avviato apposita indagine a carattere economico/patrimoniale, volta all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili a Francesco Cellini.
Nel corso degli accertamenti era emerso - tra l’altro - come, a partire dall’anno 2000, una consistente parte dei redditi annualmente dichiarati dal Cellini fosse stata erogata dal Servizio sanitario nazionale. Dette erogazioni, in ragione del ruolo attivo e/o occulto rivestito dal proposto quale amministratore di fatto della clinica “Nova Salus” e di altre realtà imprenditoriali a lui riconducibili, sarebbero risultate in evidente contrasto con quanto sancito dall’ “Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale” che prevede l’incompatibilità con lo svolgimento delle attività previste, da parte del medico che “eserciti attività che configurino conflitto di interessi con il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale o sia titolare o compartecipe di quote di imprese che esercitino attività che configurino conflitto di interessi col rapporto di lavoro con il Ssn”.
In tale contesto i redditi percepiti dal proposto, alla luce di tale prescrizione, sono stati considerati indebitamente percepiti.
Inoltre, gli accertamenti bancari e i riscontri contabili hanno consentito di rilevare come il proposto, nel corso degli anni, avesse prelevato ingenti somme di denaro dai conti correnti dell’Anphora scarl per poi utilizzarli per scopi personali e investimenti immobiliari e finanziari.
Una volta delineato il profilo di pericolosità sociale “qualificata” del proposto (in quanto soggetto gravemente indiziato di contiguità alla ‘ndrangheta) oltre che “generica” (in quanto dalla metà degli anni ’90 dedito ad attività delittuose ed in spregio della normativa fiscale e tributaria), l’attività investigativa si è concentrata sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni di cui Francesco Cellini e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente, accertando che il proposto non poteva disporre di redditi leciti tali da permettersi i cospicui investimenti societari, sicché tali investimenti erano da considerarsi sproporzionati rispetto alle risorse lecite del nucleo familiare.
Alla luce di tali risultanze, su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto - nel decorso mese di marzo - il sequestro di prevenzione del patrimonio riconducibile al proposto Francesco Cellini e al proprio nucleo familiare, stimato in circa 19 milioni di euro, costituito da quote sociali, patrimonio aziendale e rapporti finanziari delle società villesi, “Nova Salus srl in liquidazione”, “Nuova Anphora srl” e di quella reggina “Anphora cooperativa sociale a responsabilità limitata”, compresa la clinica “Nova Salus”, 2 fabbricati e un terreno.
Le attività connesse alla ricerca delle disponibilità finanziarie riconducibili a Francesco Cellini ed al suo nucleo familiare, proseguite dalle Fiamme Gialle e dai Carabinieri in esecuzione del citato provvedimento, hanno ora determinato il sequestro di rapporti finanziari e bancari per ulteriori 6 milioni di euro, raggiungendo, nel complesso, il sequestro di beni per un valore di circa 25 milioni di euro.
Il provvedimento magistratuale segue il sequestro finalizzato alla successiva confisca del patrimonio societario e immobiliare ubicato nella provincia di Reggio Calabria e nella città di Roma riconducibile al Cellini e al suo nucleo familiare effettuato nel marzo scorso per un valore stimato in circa 19 milioni di euro, sempre su ordine della citata Sezione Misure di Prevenzione.
Raggiunge pertanto il valore complessivo di circa 25 milioni di euro il patrimonio riconducibile al noto medico, attinto dalla misura di prevenzione del sequestro.
Tali provvedimenti traggono origine dalle risultanze delle attività investigative condotte dall’Arma dei carabinieri di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione “Sansone” e concluse nel 2016 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali, cautelari e reali, nei confronti di 53 presunti affiliati alle cosche di ‘ndrangheta “Condello” di Reggio Calabria e “Zito- Bertuca”, “Imerti - Buda” di Villa San Giovanni.
Nel relativo procedimento, Francesco Cellini risulta imputato per concorso esterno in associazione per delinquere di tipo mafioso, poiché in qualità di medico responsabile e legale rappresentante della cooperativa Anphora che gestisce la clinica “Nova Salus”, sita nella frazione di Cannitello di Villa San Giovanni, manifestava, in virtù dei rapporti di costante e reciproco scambio intrattenuti con il capo cosca Pasquale Bertuca, la disponibilità al ricovero presso la predetta struttura sanitaria di soggetti mafiosi vicini al Bertuca, consentendo loro di accedere a trattamenti penitenziari meno afflittivi della detenzione carceraria.
Inoltre prestava assistenza sanitaria ai latitanti Pasquale e Giovanni Tegano. In particolare, dalle plurime intercettazioni ambientali, era emersa l'esistenza di uno stabile rapporto di contiguità funzionale del Cellini con Pasquale Bertuca, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, in ragione del quale lo stesso Cellini si era più volte adoperato per favorire il ricovero presso la clinica “Nova Salus” di Villa San Giovanni di esponenti di varie consorterie vicini al Bertuca, su sollecitazione diretta e indiretta di quest' ultimo.
In tale clinica, infatti, era stata curata anche la madre di Pasquale Bertuca nonché alcuni esponenti di spicco della 'ndrangheta in regime di detenzione domiciliare, tra i quali Giacomo Latella, Mario Palaia, Pasquale Libri, Pasquale Pititto, Paolo Meduri, Domenico Grasso, Gennaro Ditto, Pasquale De Maio, Pasquale Bilardi, Francesco Pangallo, Giuseppe Mazzagatti.
Altresì, dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sono stati provati collegamenti tra Francesco Cellini e la ‘ndrangheta risalenti a periodi antecedenti il 2007 poiché è emerso che il proposto si prestava a fornire le cure mediche ai fratelli Tegano durante la loro risalente latitanza, iniziata nei primi anni novanta.
La figura del dottor Cellini era già emersa in precedenza anche nell’operazione del Ros denominata “Meta”, per i suoi rapporti con il boss calabro-milanese Giulio Giuseppe Lampada e con il politico Alberto Sarra.
Già nel 2007, Lampada, Sarra e Cellini dialogavano della possibilità di costruire una clinica nella frazione di Gallico, periferia nord di Reggio Calabria, all'interno di una proprietà dello stesso Lampada, che sarebbe stata gestita proprio dal Cellini, il quale, immediatamente, scartava l’ipotesi, per la non idoneità della struttura muraria preesistente.
In relazione all’attività sopra descritta su delega della Dda, il Nucleo di polizia economico finanziaria/Gico di Reggio Calabria, aveva avviato apposita indagine a carattere economico/patrimoniale, volta all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili a Francesco Cellini.
Nel corso degli accertamenti era emerso - tra l’altro - come, a partire dall’anno 2000, una consistente parte dei redditi annualmente dichiarati dal Cellini fosse stata erogata dal Servizio sanitario nazionale. Dette erogazioni, in ragione del ruolo attivo e/o occulto rivestito dal proposto quale amministratore di fatto della clinica “Nova Salus” e di altre realtà imprenditoriali a lui riconducibili, sarebbero risultate in evidente contrasto con quanto sancito dall’ “Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale” che prevede l’incompatibilità con lo svolgimento delle attività previste, da parte del medico che “eserciti attività che configurino conflitto di interessi con il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale o sia titolare o compartecipe di quote di imprese che esercitino attività che configurino conflitto di interessi col rapporto di lavoro con il Ssn”.
In tale contesto i redditi percepiti dal proposto, alla luce di tale prescrizione, sono stati considerati indebitamente percepiti.
Inoltre, gli accertamenti bancari e i riscontri contabili hanno consentito di rilevare come il proposto, nel corso degli anni, avesse prelevato ingenti somme di denaro dai conti correnti dell’Anphora scarl per poi utilizzarli per scopi personali e investimenti immobiliari e finanziari.
Una volta delineato il profilo di pericolosità sociale “qualificata” del proposto (in quanto soggetto gravemente indiziato di contiguità alla ‘ndrangheta) oltre che “generica” (in quanto dalla metà degli anni ’90 dedito ad attività delittuose ed in spregio della normativa fiscale e tributaria), l’attività investigativa si è concentrata sulla ricostruzione della capacità reddituale e del complesso dei beni di cui Francesco Cellini e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente, accertando che il proposto non poteva disporre di redditi leciti tali da permettersi i cospicui investimenti societari, sicché tali investimenti erano da considerarsi sproporzionati rispetto alle risorse lecite del nucleo familiare.
Alla luce di tali risultanze, su richiesta della stessa Direzione distrettuale antimafia, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto - nel decorso mese di marzo - il sequestro di prevenzione del patrimonio riconducibile al proposto Francesco Cellini e al proprio nucleo familiare, stimato in circa 19 milioni di euro, costituito da quote sociali, patrimonio aziendale e rapporti finanziari delle società villesi, “Nova Salus srl in liquidazione”, “Nuova Anphora srl” e di quella reggina “Anphora cooperativa sociale a responsabilità limitata”, compresa la clinica “Nova Salus”, 2 fabbricati e un terreno.
Le attività connesse alla ricerca delle disponibilità finanziarie riconducibili a Francesco Cellini ed al suo nucleo familiare, proseguite dalle Fiamme Gialle e dai Carabinieri in esecuzione del citato provvedimento, hanno ora determinato il sequestro di rapporti finanziari e bancari per ulteriori 6 milioni di euro, raggiungendo, nel complesso, il sequestro di beni per un valore di circa 25 milioni di euro.
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