CITTANOVA. La Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha eseguito un decreto di sequestro emesso dal Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione reggino, nei confronti del detenuto Girolamo Giovinazzo, 45 anni, del luogo, detto Jimmy, ritenuto organico alla cosca Raso-Gullace-Albanese di Cittanova, cui risulta legato anche da vincoli di parentela, avendo sposato Francesca Politi, nipote del defunto capo cosca Girolamo Raso.
Giovinazzo, unitamente alla moglie e ad altri 40 sodali, nel luglio 2016, è stato colpito da un provvedimento restrittivo emesso dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, poiché coinvolto nell’operazione “Alchemia” della Dda reggina, che ha interessato gli elementi affiliati alle cosche “Raso-Gullace-Albanese” di Cittanova e “Parrello-Gagliostro” di Palmi, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e reati contro la pubblica amministrazione.
Le indagini avevano consentito di evidenziare il grande interesse degli appartenenti alle citate consorterie della ‘ndrangheta verso diversi settori “strategici”, quali il movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse online, la lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali.
In tale contesto criminale, il ruolo di Giovinazzo sarebbe stato era quello di “portavoce” ed uomo di fiducia di Girolamo Raso, con il compito di mantenere i rapporti con i sodali (tra cui Carmelo Gullace, posto in posizione apicale), con esponenti di cosche contigue e, contemporaneamente, con il mondo politico ed imprenditoriale, nonché con funzionari pubblici, allo scopo di ottenere commesse di lavori o appalti, contributi comunitari ed altre provvidenze.
Giovinazzo, tuttora incensurato nonostante i numerosi procedimenti penali avviati nei suoi confronti, anche in altre vicende giudiziarie (emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento/distruzione di scritture contabili, falso, truffa aggravata, bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere), era sostanzialmente il “volto pulito della cosca” e, per questo motivo, intestatario/titolare di numerose attività imprenditoriali, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di reati contro la pubblica amministrazione (corruzione di funzionari pubblici).
L’ordinanza restrittiva dell’operazione “Alchemia” è stata confermata anche nei successivi gradi di giudizio cautelare e, in relazione ai fatti contestati, Giovinazzo è stato rinviato a giudizio nel luglio 2017.
Alla luce dei suddetti elementi, il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione lo ha ritenuto portatore sia di pericolosità sociale qualificata, per la contiguità con un’organizzazione criminale di stampo mafioso, sia di pericolosità generica, in ragione della sua “inclinazione” a delinquere, evidenziando, inoltre, come la crescita della sua attività imprenditoriale sia stata concretamente agevolata nell’avvio e, soprattutto, nell’espansione, dal ricorso sistematico a pratiche imprenditoriali illecite.
In virtù di quanto sopra, il patrimonio a lui riconducibile è stato ritenuto il frutto o il reimpiego di proventi di attività illecita, stante anche la significativa sproporzione tra i redditi dichiarati e le effettive disponibilità a lui riconducibili, emerse dagli accertamenti svolti dalla Dia reggina.
Con l’odierno provvedimento è stato, dunque, sottoposto a sequestro un consistente asset immobiliare e mobiliare, ricomprendente beni aziendali e personali, costituito da:
Giovinazzo, unitamente alla moglie e ad altri 40 sodali, nel luglio 2016, è stato colpito da un provvedimento restrittivo emesso dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, poiché coinvolto nell’operazione “Alchemia” della Dda reggina, che ha interessato gli elementi affiliati alle cosche “Raso-Gullace-Albanese” di Cittanova e “Parrello-Gagliostro” di Palmi, per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni e reati contro la pubblica amministrazione.
Le indagini avevano consentito di evidenziare il grande interesse degli appartenenti alle citate consorterie della ‘ndrangheta verso diversi settori “strategici”, quali il movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse online, la lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali.
In tale contesto criminale, il ruolo di Giovinazzo sarebbe stato era quello di “portavoce” ed uomo di fiducia di Girolamo Raso, con il compito di mantenere i rapporti con i sodali (tra cui Carmelo Gullace, posto in posizione apicale), con esponenti di cosche contigue e, contemporaneamente, con il mondo politico ed imprenditoriale, nonché con funzionari pubblici, allo scopo di ottenere commesse di lavori o appalti, contributi comunitari ed altre provvidenze.
Giovinazzo, tuttora incensurato nonostante i numerosi procedimenti penali avviati nei suoi confronti, anche in altre vicende giudiziarie (emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, occultamento/distruzione di scritture contabili, falso, truffa aggravata, bancarotta fraudolenta, associazione a delinquere), era sostanzialmente il “volto pulito della cosca” e, per questo motivo, intestatario/titolare di numerose attività imprenditoriali, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di reati contro la pubblica amministrazione (corruzione di funzionari pubblici).
L’ordinanza restrittiva dell’operazione “Alchemia” è stata confermata anche nei successivi gradi di giudizio cautelare e, in relazione ai fatti contestati, Giovinazzo è stato rinviato a giudizio nel luglio 2017.
Alla luce dei suddetti elementi, il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione lo ha ritenuto portatore sia di pericolosità sociale qualificata, per la contiguità con un’organizzazione criminale di stampo mafioso, sia di pericolosità generica, in ragione della sua “inclinazione” a delinquere, evidenziando, inoltre, come la crescita della sua attività imprenditoriale sia stata concretamente agevolata nell’avvio e, soprattutto, nell’espansione, dal ricorso sistematico a pratiche imprenditoriali illecite.
In virtù di quanto sopra, il patrimonio a lui riconducibile è stato ritenuto il frutto o il reimpiego di proventi di attività illecita, stante anche la significativa sproporzione tra i redditi dichiarati e le effettive disponibilità a lui riconducibili, emerse dagli accertamenti svolti dalla Dia reggina.
Con l’odierno provvedimento è stato, dunque, sottoposto a sequestro un consistente asset immobiliare e mobiliare, ricomprendente beni aziendali e personali, costituito da:
- 8 società, per l’intero capitale sociale e l’intero patrimonio aziendale (di cui 5 società di capitali, 2 società di persone ed una ditta individuale) con sede tra Cittanova, Roma e Pomezia (Roma), operanti nei settori turistico-alberghiero, ristorazione, agricolo (produzione di olio), lavorazione del legname e trasporto rifiuti. Tra di esse, anche la nota struttura alberghiera di lusso “Uliveto Principessa Park Hotel” di Cittanova;
- 16 terreni ubicati a Cittanova per un’estensione complessiva di oltre 13 ettari e 2 capannoni ad uso industriale, per una superficie complessiva di circa 3.000 mq;
- disponibilità finanziarie e titoli comunitari Arcea, riconducibili a Giovinazzo, alla moglie Francesca Politi e ai loro figli.
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