REGGIO CALABRIA. A conclusione di indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, ieri il personale della Capitaneria di porto - Guardia costiera reggina, unitamente al personale degli uffici marittimi dipendenti, ha proceduto, giusto provvedimento di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale Maria Cecilia Vitolla, a porre sotto sequestro preventivo 14 impianti di depurazione di acque reflue comunali ubicati su tutto il territorio della Città metropolitana.
Sono stati apposti i sigilli ai seguenti impianti, suddivisi per singolo Comune:
Le laboriose indagini, disposte e coordinate dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal sostituto procuratore Angelo, Roberto Gaglioti, hanno visto impiegati gli uomini dell’unità organizzativa Polizia giudiziaria della Capitaneria di porto di Reggio Calabria.
Nel corso di tali attività, sono stati nominati due consulenti tecnici del pubblico ministero, i quali hanno effettuato sopralluoghi ed ispezioni all’interno di tutti e quattordici gli impianti, rilevando numerosissime infrazioni, legate principalmente ad una cattiva gestione degli stessi.
Risultano, nel complesso, indagati 53 soggetti, tra cui i dirigenti/funzionari delle società che nel tempo hanno gestito gli impianti, i sindaci pro-tempore dei Comuni ove sono ubicati gli impianti o quelli capofila per quelli consortili, i dirigenti pro-tempore degli uffici tecnici/lavori pubblici, per le seguenti ipotesi di reato: inadempimento di contratti di pubbliche forniture, Omissioni d’atti d’ufficio, Disastro ambientale, Getto pericoloso di cose, Attività di gestione non autorizzata di rifiuti con smaltimento illecito degli stessi. Tra le maggiori criticità riscontrate dai consulenti e dagli uomini della Guardia costiera, vi sono i malfunzionamenti degli impianti, la mancanza e/o la sostituzione di compressori, elettropompe e misuratori di portata, la presenza di by-pass non autorizzati all’interno degli impianti, oltre allo smaltimento illecito dei rifiuti (fanghi e vaglio di grigliatura prodotti dagli impianti).
Tra le parti offese, destinatarie della notifica del provvedimento cautelare, vi sono, oltre ai Comuni proprietari degli impianti, anche il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Città metropolitana.
I fatti per cui si procede in relazione ai quattordici impianti di depurazione oggetto di sequestro, possono distinguersi in due filoni principali.
Per un verso, sono stati accertati e contestati una serie di reati in materia di Pubblica amministrazione, tra i quali, principalmente, inadempimenti in pubbliche forniture (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra gli esponenti politici e gestionali delle Pubbliche amministrazioni locali coinvolte e gli esponenti rappresentativi e direzionali delle Ditte che hanno pro tempore assunto impegni convenzionali di gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame), ed omissioni e/o rifiuti in atti di ufficio (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio coinvolti nella gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame).
Per altro verso, sono stati accertati e contestati una serie di illeciti di natura più specificamente ambientale, tra i quali alcuni reati previsti e sanzionati dal codice penale in materia ambientale (danneggiamenti aggravati, ad esempio dei corpi recettori degli scarichi illegittimi provenienti dagli impianti in oggetto; getti pericolosi di cose, in relazione alle emissioni provenienti illegittimamente dagli impianti in esame), ovvero dalla legislazione penale complementare in materia di ambiente (in primis il testo unico ambientale), soprattutto in relazione a rilevati depositi temporanei irregolari di prodotti inquinanti degli impianti di depurazione in esame, di attività illecite di smaltimento di prodotti inquinanti di tali impianti, e di by-pass del tutto illegittimi, in quanto in violazione della legislazione nazionale e regionale ovvero anche della normativa secondaria in tema di requisiti di legittimità dei by-pass negli impianti di depurazione.
Le contestazioni formulate si sono basate su attività di indagine delegate alla Capitaneria di porto, nonché sugli esiti di consulenze tecniche disposte dalla Procura della Repubblica.
I consulenti tecnici hanno condotto specifici e meticolosi sopralluoghi ed ispezioni su ciascun impianto in questione, ed hanno altresì acquisito copiosa documentazione amministrativa presso i gestori degli impianti in esame e gli Enti locali coinvolti, nonché, altresì, in relazione alla istituzione alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari previsti dalla legislazione e dalla regolamentazione in materia ambientale. Siffatti accertamenti hanno permesso di individuare, per ciascun impianto, una serie variegata, reiterata e protratta nel tempo, di illicietà penali.
Le violazioni riscontrate hanno prodotto, nel corso del tempo, e stanno producendo tuttora, pesanti impatti inquinanti e di deterioramento, con sostanziale compromissione dell’ambiente.
A tal fine il Gip, su esplicita richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto l’affidamento in custodia, con facoltà d’uso, dei quattordici impianti di depurazione, al dirigente generale del competente Dipartimento della Regione Calabria, con prescrizione di un termine stringente per conformare lo stato di fatto e di diritto degli impianti alla normativa primaria e secondaria applicabile. Tale affidamento, condurrà ad una sinergica risoluzione delle problematiche che si sono sin qui evidenziate.
Ed invero, accanto alla necessaria attività di repressione dei fatti penalmente rilevanti riscontrati, in uno spirito di leale collaborazione istituzionale, anche l’attività dell’apparato amministrativo, seppure, in tale caso, in funzione ausiliaria dell’Autorità giudiziaria (cioè, nell’ambito dell’ufficio di custodia giudiziaria degli impianti in sequestro), si auspica possa comportare significativi e tempestivi miglioramenti nella gestione degli impianti in esame, sulla cui effettività l’Ufficio non smetterà di vigilare e indagare, nell’ambito delle proprie attribuzioni istituzionali e nel rispetto imprescindibile delle norme di legge applicabili ai fatti in esame, in ordine quali si sta apportando dovuta chiarezza di accertamento e necessario rigore di applicazione.
Sono stati apposti i sigilli ai seguenti impianti, suddivisi per singolo Comune:
- Reggio Calabria: 6 impianti in località: Gallico, Pellaro, Paterriti, Armo, Oliveto e l’impianto consortile di Concessa;
- Villa San Giovanni: 1 impianto sito in località Femia;
- Scilla: 2 impianti siti in località Favazzina e Oliveto;
- Bagnara Calabra: 1 impianto sito in località Cacilì;
- Motta San Giovanni: 2 impianti siti in località Oliveto e Castelli;
- San Lorenzo: 1 impianto consortile sito in località Agrifa;
- Cardeto: 1 impianto sito in località Calvario.
Le laboriose indagini, disposte e coordinate dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni e dal sostituto procuratore Angelo, Roberto Gaglioti, hanno visto impiegati gli uomini dell’unità organizzativa Polizia giudiziaria della Capitaneria di porto di Reggio Calabria.
Nel corso di tali attività, sono stati nominati due consulenti tecnici del pubblico ministero, i quali hanno effettuato sopralluoghi ed ispezioni all’interno di tutti e quattordici gli impianti, rilevando numerosissime infrazioni, legate principalmente ad una cattiva gestione degli stessi.
Risultano, nel complesso, indagati 53 soggetti, tra cui i dirigenti/funzionari delle società che nel tempo hanno gestito gli impianti, i sindaci pro-tempore dei Comuni ove sono ubicati gli impianti o quelli capofila per quelli consortili, i dirigenti pro-tempore degli uffici tecnici/lavori pubblici, per le seguenti ipotesi di reato: inadempimento di contratti di pubbliche forniture, Omissioni d’atti d’ufficio, Disastro ambientale, Getto pericoloso di cose, Attività di gestione non autorizzata di rifiuti con smaltimento illecito degli stessi. Tra le maggiori criticità riscontrate dai consulenti e dagli uomini della Guardia costiera, vi sono i malfunzionamenti degli impianti, la mancanza e/o la sostituzione di compressori, elettropompe e misuratori di portata, la presenza di by-pass non autorizzati all’interno degli impianti, oltre allo smaltimento illecito dei rifiuti (fanghi e vaglio di grigliatura prodotti dagli impianti).
Tra le parti offese, destinatarie della notifica del provvedimento cautelare, vi sono, oltre ai Comuni proprietari degli impianti, anche il Ministero dell’Ambiente, la Regione Calabria, la Città metropolitana.
I fatti per cui si procede in relazione ai quattordici impianti di depurazione oggetto di sequestro, possono distinguersi in due filoni principali.
Per un verso, sono stati accertati e contestati una serie di reati in materia di Pubblica amministrazione, tra i quali, principalmente, inadempimenti in pubbliche forniture (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra gli esponenti politici e gestionali delle Pubbliche amministrazioni locali coinvolte e gli esponenti rappresentativi e direzionali delle Ditte che hanno pro tempore assunto impegni convenzionali di gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame), ed omissioni e/o rifiuti in atti di ufficio (con contestazioni a titolo di concorso di persone tra i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio coinvolti nella gestione, manutenzione e conduzione degli impianti in esame).
Per altro verso, sono stati accertati e contestati una serie di illeciti di natura più specificamente ambientale, tra i quali alcuni reati previsti e sanzionati dal codice penale in materia ambientale (danneggiamenti aggravati, ad esempio dei corpi recettori degli scarichi illegittimi provenienti dagli impianti in oggetto; getti pericolosi di cose, in relazione alle emissioni provenienti illegittimamente dagli impianti in esame), ovvero dalla legislazione penale complementare in materia di ambiente (in primis il testo unico ambientale), soprattutto in relazione a rilevati depositi temporanei irregolari di prodotti inquinanti degli impianti di depurazione in esame, di attività illecite di smaltimento di prodotti inquinanti di tali impianti, e di by-pass del tutto illegittimi, in quanto in violazione della legislazione nazionale e regionale ovvero anche della normativa secondaria in tema di requisiti di legittimità dei by-pass negli impianti di depurazione.
Le contestazioni formulate si sono basate su attività di indagine delegate alla Capitaneria di porto, nonché sugli esiti di consulenze tecniche disposte dalla Procura della Repubblica.
I consulenti tecnici hanno condotto specifici e meticolosi sopralluoghi ed ispezioni su ciascun impianto in questione, ed hanno altresì acquisito copiosa documentazione amministrativa presso i gestori degli impianti in esame e gli Enti locali coinvolti, nonché, altresì, in relazione alla istituzione alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari previsti dalla legislazione e dalla regolamentazione in materia ambientale. Siffatti accertamenti hanno permesso di individuare, per ciascun impianto, una serie variegata, reiterata e protratta nel tempo, di illicietà penali.
Le violazioni riscontrate hanno prodotto, nel corso del tempo, e stanno producendo tuttora, pesanti impatti inquinanti e di deterioramento, con sostanziale compromissione dell’ambiente.
A tal fine il Gip, su esplicita richiesta della Procura della Repubblica, ha disposto l’affidamento in custodia, con facoltà d’uso, dei quattordici impianti di depurazione, al dirigente generale del competente Dipartimento della Regione Calabria, con prescrizione di un termine stringente per conformare lo stato di fatto e di diritto degli impianti alla normativa primaria e secondaria applicabile. Tale affidamento, condurrà ad una sinergica risoluzione delle problematiche che si sono sin qui evidenziate.
Ed invero, accanto alla necessaria attività di repressione dei fatti penalmente rilevanti riscontrati, in uno spirito di leale collaborazione istituzionale, anche l’attività dell’apparato amministrativo, seppure, in tale caso, in funzione ausiliaria dell’Autorità giudiziaria (cioè, nell’ambito dell’ufficio di custodia giudiziaria degli impianti in sequestro), si auspica possa comportare significativi e tempestivi miglioramenti nella gestione degli impianti in esame, sulla cui effettività l’Ufficio non smetterà di vigilare e indagare, nell’ambito delle proprie attribuzioni istituzionali e nel rispetto imprescindibile delle norme di legge applicabili ai fatti in esame, in ordine quali si sta apportando dovuta chiarezza di accertamento e necessario rigore di applicazione.
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