CAMPO CALABRO. E’ stato dissequestrato e riconsegnato ai legittimi proprietari, il terreno che fino al 3 luglio scorso ha ospitato il canile rifugio, precedentemente gestito dalla sezione locale dell’associazione “Lega Nazionale per la difesa del cane” nella persona della signora Rosa Maria Rogolino, indagata per i reati di malversazione a danno dello Stato, maltrattamento di animali e violazione dei sigilli.
La Procura della Repubblica di Reggio Calabria, con la collaborazione dei militari del Nucleo carabinieri Cites di Reggio Calabria, con l’ausilio del Servizio veterinario dell’Asp e dei custodi giudiziari della struttura, nonché di alcuni volontari provenienti da altre sezioni della medesima associazione, per settimane ha coordinato lo spostamento di circa 230 cani precedentemente ospitati nella struttura presso altri canili rifugio dislocati nel territorio nazionale.
Significativa la risposta avuta da privati cittadini che, a seguito dei trasferimenti dei cani nelle strutture individuate, hanno chiesto e ottenuto l’affidamento in adozione di numerosi animali.
Con la riconsegna del terreno ai proprietari si conclude la fase più importante e delicata della vicenda, che ha riguardato il benessere degli animali e che ha dato l’avvio alla complessa attività di indagine, conclusasi con l’individuazione di una serie di reati.
Le attività di polizia giudiziaria hanno infatti evidenziato che nel canile finito sotto inchiesta vi erano diverse criticità tra i quali la mancanza di adeguati spazi per lo sgambamento, l’assenza delle prescritte autorizzazioni e certificazioni necessarie per la gestione del canile, l’assenza dei documenti per la valutazione dei rischi e quelli relativi alla idoneità degli impianti.
Inoltre non risultava affidato alcun incarico ad un medico veterinario, né vi era alcun registro su eventuali trattamenti farmacologici per gli animali, né erano presenti le schede per l’identificazione e la valutazione comportamentale dei cani, molti dei quali peraltro privi di marcaggio.
Assolutamente carenti risultavano poi le procedure per l’igienizzazione dei locali e dei box degli animali, spesso sovraffollati, né erano presenti locali idonei a garantire l’isolamento dei cani affetti da patologie, il tutto in uno scenario mortificante e offensivo per chi reputa questi animali fedeli amici dell’uomo.
In relazione a tali vicende la titolare del canile è stata sottoposta alla misura del divieto di dimora per il reato di malversazione a danno dello Stato.
La Procura della Repubblica di Reggio Calabria, con la collaborazione dei militari del Nucleo carabinieri Cites di Reggio Calabria, con l’ausilio del Servizio veterinario dell’Asp e dei custodi giudiziari della struttura, nonché di alcuni volontari provenienti da altre sezioni della medesima associazione, per settimane ha coordinato lo spostamento di circa 230 cani precedentemente ospitati nella struttura presso altri canili rifugio dislocati nel territorio nazionale.
Significativa la risposta avuta da privati cittadini che, a seguito dei trasferimenti dei cani nelle strutture individuate, hanno chiesto e ottenuto l’affidamento in adozione di numerosi animali.
Con la riconsegna del terreno ai proprietari si conclude la fase più importante e delicata della vicenda, che ha riguardato il benessere degli animali e che ha dato l’avvio alla complessa attività di indagine, conclusasi con l’individuazione di una serie di reati.
Le attività di polizia giudiziaria hanno infatti evidenziato che nel canile finito sotto inchiesta vi erano diverse criticità tra i quali la mancanza di adeguati spazi per lo sgambamento, l’assenza delle prescritte autorizzazioni e certificazioni necessarie per la gestione del canile, l’assenza dei documenti per la valutazione dei rischi e quelli relativi alla idoneità degli impianti.
Inoltre non risultava affidato alcun incarico ad un medico veterinario, né vi era alcun registro su eventuali trattamenti farmacologici per gli animali, né erano presenti le schede per l’identificazione e la valutazione comportamentale dei cani, molti dei quali peraltro privi di marcaggio.
Assolutamente carenti risultavano poi le procedure per l’igienizzazione dei locali e dei box degli animali, spesso sovraffollati, né erano presenti locali idonei a garantire l’isolamento dei cani affetti da patologie, il tutto in uno scenario mortificante e offensivo per chi reputa questi animali fedeli amici dell’uomo.
In relazione a tali vicende la titolare del canile è stata sottoposta alla misura del divieto di dimora per il reato di malversazione a danno dello Stato.
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