martedì 21 novembre 2017

RIZZICONI. Operazione “Feudo”: La Polizia di Stato confisca beni alla cosca “Crea”

RIZZICONI. La Polizia di Stato nell’ambito della lotta all’illecita accumulazione di ricchezze ha messo a segno un ulteriore attacco agli interessi criminali della ‘ndrangheta, attraverso l’aggressione ai patrimoni illeciti nella disponibilità dei principali esponenti della potente e pericolosa cosca “Crea”, operante nella piana di Gioia Tauro.

È stata, infatti, data esecuzione a un provvedimento di confisca beni emesso dal  Tribunale di Reggio - Sezione misure di prevenzione, originati da proposta del questore Raffaele Grassi, effettuata sulla scorta di un’articolata attività di natura patrimoniale effettuata dalla Divisione anticrimine.

L’attività in questione rappresenta la naturale evoluzione delle indagini, condotte dalla Squadra mobile reggina e coordinate dalla Dda (operazione “Deus”), a conclusione delle quali, è stata data esecuzione a una ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, con la quale sono state disposte, nei confronti di 16 persone, le misure della custodia cautelare in carcere e degli arresti domiciliari per i delitti di associazione di stampo mafioso, estorsione aggravata, intestazione fittizia di beni e truffe alla Comunità europea.

Tra i destinatari del provvedimento restrittivo, oltre a Teodoro Crea cl. ‘39, ritenuto capo storico della famiglia, e buona parte del suo nucleo familiare, risultavano anche altri esponenti di spicco della ‘ndrina - quali Antonio Crea detto “u Malandrinu” e Domenico Crea cl. ‘54 detto “Scarpa Lucida”, legati da vincoli di parentela con il suddetto capo della consorteria criminale - e tre ex amministratori pubblici del locale Comune.

In particolare, l’attività investigativa ha evidenziato l’assoluta egemonia della cosca Crea, esplicata sul territorio come una vera e propria “signoria”, sia nell’esercizio delle tradizionali attività criminali che nel totale condizionamento della vita pubblica, tanto da determinare, nel 2011, lo scioglimento del Consiglio comunale.

Inoltre, nel corso delle indagini, è emerso che Giuseppe Crea cl. ‘78, nonostante fosse latitante dal 2006, attestava falsamente di essere un imprenditore agricolo, procurandosi così un ingiusto profitto, consistito nell’indebita erogazione da parte dell’Agea dei contributi comunitari relativi Piano di sviluppo rurale per oltre 180 mila euro.

Analogo reato è stato contestato al padre Teodoro Crea, alla madre Clementina Burzì e alla sorella Marinella, per contributi pari a quasi 50 mila euro.

Il provvedimento ha interessato svariati beni riconducibili a Teodoro Crea cl. ‘39,  in atto sottoposto al regime del 41 bis – alla moglie,  Clementina Burzì, alla figlia Marinella e al di lei marito, Francesco Barone.

Le indagini patrimoniali hanno dimostrato che i soggetti, in virtù della loro appartenenza al clan mafioso, erano riusciti, con il profitto derivante dalla gestione delle attività illecite e avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, ad accumulare un ingente capitale, sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, che reinvestivano nell’acquisto di terreni, società e beni immobili, intestati, al fine di eludere la normativa antimafia, ai propri familiari o a soggetti terzi.

Il Tribunale di Reggio Calabria - Sezione misure di prevenzione, accogliendo le risultanze investigative, ha disposto il sequestro dei seguenti beni:

•    edificio di pregio, composto da tre appartamenti e 2 locali uso deposito/garage;


•    villa di pregio;


•    unità immobiliare composta da due abitazioni e un locale uso deposito;


•    immobile in corso di costruzione;


•    unità immobiliare composta da tre appartamenti e un locale destinato all’esercizio di attività commerciale;


•    un appartamento;


•    unità immobiliare composta da due stabili adibiti, rispettivamente, a caseifìcio e abitazione;


•    6 fabbricati adibiti a stalle;


•    18 terreni;

•    Impresa agricola individuale “Burzì Clementina” con sede in Rizziconi;


•    titoli Agea emessi a favore di Marinella Crea.


Il valore del patrimonio confiscato ammonta complessivamente a circa 6 milioni di euro.

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