PADOVA. Ufficiali di polizia giudiziaria della Dia della Squadra hanno arrestato, in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale di Reggio Calabria, Giuseppe Avignone, 79 anni, originario di Taurianova, ‘ndranghetista, ergastolano ma beneficiario del regime di libertà condizionale a Padova.
L’ordine di arresto è conseguito alla revoca della liberazione condizionale pronunciata lo scorso 21 novembre dal Tribunale di sorveglianza di Venezia.
Il Tribunale ha motivato la propria decisione sulla scorta degli elementi prodotti dal locale Centro operativo Dia, che aveva riscontrato numerose e sistematiche violazioni da parte di Avignone delle prescrizioni impostegli in ordine ai benefici maturati negli ultimi due anni.
Tali riscontri erano avvenuti nel corso di indagini condotte tra il 2015 ed il 2017 dallo stessa Dia patavina nei confronti dei calabresi Giovanni Spadafora, Antonio Bertuca e altri, soggetti tratti in arresto a Padova nell’aprile 2016 e successivamente condannati dal locale Tribunale per reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.
Gli Avignone sono al vertice dell’omonima organizzazione criminale attiva nel comprensorio di Taurianova e Cittanova. Si tratta di una delle cosche di maggior tradizione e spessore criminale di tutta la ‘ndrangheta.
Giuseppe Avignone aveva iniziato a scontare la pena dell’ergastolo sin dal 22 aprile del 1977 per essere stato nel tempo riconosciuto colpevole dei reati di associazione mafiosa e omicidi plurimi dalla Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria.
In particolare venne condannato:
Il relativo programma di trattamento prevedeva:
Il locale Centro operativo Dia, nel corso di indagini nei confronti di soggetti calabresi successivamente arrestati e condannati per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione di armi ed esplosivi, accertava nel tempo sistematiche violazioni da parte di Avignone sia delle prescrizioni inerenti le misure della semilibertà sia di quelle inerenti la libertà vigilata conseguenza della liberazione condizionale.
Venivano documentate frequentazioni sia con i sopra indicati indagati sia con altri pregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta.
Sulla scorta della documentazione prodotta dalla Dia, il pm dottor Benedetto Roberti informava il locale Magistrato di Sorveglianza e, in data 21 novembre 2017, il Tribunale di Sorveglianza di Venezia revocava quindi il beneficio della liberazione condizionale, determinando quindi la nuova carcerazione di Giuseppe Avignone per espiare la propria pena senza più avere alcuna possibilità di accedere a benefici analoghi a quelli sinora fruiti.
L’ordine di arresto è conseguito alla revoca della liberazione condizionale pronunciata lo scorso 21 novembre dal Tribunale di sorveglianza di Venezia.
Il Tribunale ha motivato la propria decisione sulla scorta degli elementi prodotti dal locale Centro operativo Dia, che aveva riscontrato numerose e sistematiche violazioni da parte di Avignone delle prescrizioni impostegli in ordine ai benefici maturati negli ultimi due anni.
Tali riscontri erano avvenuti nel corso di indagini condotte tra il 2015 ed il 2017 dallo stessa Dia patavina nei confronti dei calabresi Giovanni Spadafora, Antonio Bertuca e altri, soggetti tratti in arresto a Padova nell’aprile 2016 e successivamente condannati dal locale Tribunale per reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.
Gli Avignone sono al vertice dell’omonima organizzazione criminale attiva nel comprensorio di Taurianova e Cittanova. Si tratta di una delle cosche di maggior tradizione e spessore criminale di tutta la ‘ndrangheta.
Giuseppe Avignone aveva iniziato a scontare la pena dell’ergastolo sin dal 22 aprile del 1977 per essere stato nel tempo riconosciuto colpevole dei reati di associazione mafiosa e omicidi plurimi dalla Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria.
In particolare venne condannato:
- per la “strage di Razzà” occorsa l’11 aprile 1977 in cui trovarono la morte due carabinieri, il fratello di Avignone e un altro parente nel corso di un conflitto a fuoco durante un intervento dei militari dell’Arma ad una riunione cui stavano partecipando alcuni ‘ndranghetisti latitanti;
- per l’omicidio di Domenico Monteleone portato a termine il 6 aprile 1976, il cui movente non venne chiarito ma che si ritenne verosimilmente attribuibile alla vendetta per un altro omicidio avvenuto anni prima.
Il relativo programma di trattamento prevedeva:
- l’uscita dal carcere dalle ore 8 alle 20 da lunedì a venerdì per svolgere attività di volontariato presso le associazioni Murialdo e Mo.Vi nelle sedi di Padova con possibilità di movimento nel solo Comune per espletare servizi connessi a tale attività;
- lunedì e mercoledì dopo le ore 16 l’obbligo di recarsi presso il centro diurno Oasi di Padova per frequentare attività organizzate;
- che qualsiasi altro spostamento doveva essere preventivamente comunicato e autorizzato dal locale Ufficio di sorveglianza”;
- la possibilità di usare l’ autovettura;
- il divieto di accompagnarsi a pregiudicati, di frequentare luoghi di dubbia fama e di svolgere attività in contrasto con il godimento del beneficio.
Il locale Centro operativo Dia, nel corso di indagini nei confronti di soggetti calabresi successivamente arrestati e condannati per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione di armi ed esplosivi, accertava nel tempo sistematiche violazioni da parte di Avignone sia delle prescrizioni inerenti le misure della semilibertà sia di quelle inerenti la libertà vigilata conseguenza della liberazione condizionale.
Venivano documentate frequentazioni sia con i sopra indicati indagati sia con altri pregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta.
Sulla scorta della documentazione prodotta dalla Dia, il pm dottor Benedetto Roberti informava il locale Magistrato di Sorveglianza e, in data 21 novembre 2017, il Tribunale di Sorveglianza di Venezia revocava quindi il beneficio della liberazione condizionale, determinando quindi la nuova carcerazione di Giuseppe Avignone per espiare la propria pena senza più avere alcuna possibilità di accedere a benefici analoghi a quelli sinora fruiti.
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