RENDE (CS). Il Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale del Corpo forestale dello Stato di Cosenza ha eseguito questa mattina il sequestro preventivo dell’area sede dell’ex stabilimento della Legnochimica srl di contrada Lecco.
Il decreto di sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Cosenza arriva a seguito di una complessa attività di indagine coordinata dal
procuratore capo Dario Granieri, dal procuratore aggiunto Marisa Manzini e dai sostituti procuratori Bruno Antonio Tridico e Domenico Assumma.
Questa mattina gli uomini del Cfs hanno eseguito il sequestro della vasta area, estesa per circa 90.000 metri quadri e di 15 pozzi ricadenti al suo interno alcuni dei quali usati a scopo irriguo e altri utilizzati nell’allevamento di bestiame per l’abbeveraggio degli animali.
Due di essi sono utilizzati anche a scopo industriale ed uno da una industria alimentare. Tale provvedimento si è reso necessario poiché la falda acquifera, come emerso dalle consulenze tecniche, è risultata fortemente inquinata da metalli pesanti quali ferro, alluminio, manganese, arsenico, cromo, nichel, cobalto e piombo.
L’area, che non è mai stata caratterizzata da operazioni di bonifica o messa in sicurezza di emergenza, è stata invece periodicamente interessata da fenomeni di incendio, dovuti alla combustione dei rifiuti in essa presente che hanno sprigionato nell’aria sostanze tossiche.
Un fenomeno che non è passato inosservato e che ha visto la denuncia in passato di amministratori e cittadini.
A seguito dell’operazione odierna il liquidatore della società è stato deferito all’Autorità giudiziaria per i reati di inquinamento ambientale e omessa bonifica.
Il decreto di sequestro emesso dalla Procura della Repubblica di Cosenza arriva a seguito di una complessa attività di indagine coordinata dal
procuratore capo Dario Granieri, dal procuratore aggiunto Marisa Manzini e dai sostituti procuratori Bruno Antonio Tridico e Domenico Assumma.
Questa mattina gli uomini del Cfs hanno eseguito il sequestro della vasta area, estesa per circa 90.000 metri quadri e di 15 pozzi ricadenti al suo interno alcuni dei quali usati a scopo irriguo e altri utilizzati nell’allevamento di bestiame per l’abbeveraggio degli animali.
Due di essi sono utilizzati anche a scopo industriale ed uno da una industria alimentare. Tale provvedimento si è reso necessario poiché la falda acquifera, come emerso dalle consulenze tecniche, è risultata fortemente inquinata da metalli pesanti quali ferro, alluminio, manganese, arsenico, cromo, nichel, cobalto e piombo.
L’area, che non è mai stata caratterizzata da operazioni di bonifica o messa in sicurezza di emergenza, è stata invece periodicamente interessata da fenomeni di incendio, dovuti alla combustione dei rifiuti in essa presente che hanno sprigionato nell’aria sostanze tossiche.
Un fenomeno che non è passato inosservato e che ha visto la denuncia in passato di amministratori e cittadini.
A seguito dell’operazione odierna il liquidatore della società è stato deferito all’Autorità giudiziaria per i reati di inquinamento ambientale e omessa bonifica.
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