REGGIO CALABRIA. La maggioranza in Consiglio comunale si metta d'accordo e dia una risposta unanime e concreta ai reggini: ritiene che l'Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati debba mantenere a Reggio la sua sede centrale o no?
Senza mezze parole e contraddittorie verità come ha fatto fino a ieri in aula consiliare, dove il consigliere delegato Iachino ha risposto alla domanda del suo collega Ripepi rassicurandolo circa un non meglio precisato impegno di Sindaco e Giunta verso la scongiura della ennesima spoliazione, subito smentita dai consiglieri Castorina e Minniti che viceversa hanno liquidato la faccenda come battaglia di campanile, lotta per una mera bandiera.
Evocano troppi fantasmi del passato le dichiarazioni dei consiglieri comunali, rimandano ai tristi giorni in cui si diceva che anche la lotta per il capoluogo lo fosse.
Forse i simboli e le bandiere non hanno grande significato per chi fa del cosmopolitismo una ideologia, per chi il senso di appartenenza è un antipatico, obsoleto fardello da gettare via dalla mongolfiera della propria azione politica. Ma per chi dice di amare questa città non dovrebbe essere troppo facile liberarsi di una identità territoriale per allinearsi alle decisioni romane di partito.
Viceversa, il Movimento Nazionale ritiene che l’ubicazione della sede principale a Reggio Calabria, oltre ad avere un valore indiscutibilmente simbolico, può e deve rappresentare, in un territorio economicamente “depresso”, un punto di riferimento per cogliere dalle confische dei beni delle opportunità di sviluppo e crescita. Solo così questi beni potranno diventare risorse economiche e sociali per la nostra collettività, per il nostro territorio, perché il “maltolto” diventi welfare, e costituisca anche una sorta di “risarcimento” dello Stato nei confronti della provincia reggina tutta, afflitta da decenni dal peggior crimine organizzato del Paese.
Quando nel marzo 2010 il Parlamento votò all’unanimità la legge di conversione del decreto istitutivo dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata la città di Reggio Calabria divenne la sede principale di un ufficio pubblico di rilievo nazionale. Oggi non si può e non si deve tornare indietro rispetto ad una scelta illuminata per la nostra città da difendere ad oltranza.
La nascita di questo nuovo Ente ha sicuramente contribuito ad accendere ancora di più i riflettori su un settore delicato e strategico per la lotta al malaffare mafioso: sottrarre le ricchezze a chi le ha realizzate con la sopraffazione, drogando l’economia legale, per restituirle alla collettività, a quella società civile soffocata da gruppi criminali privi di ogni scrupolo. Il lavoro sinora prestato dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura è stato a dir poco encomiabile e fa parte di un percorso che il legislatore ha voluto realizzare per dare continuità all’azione dello Stato.
Non si tratta di difendere un pennacchio, ma di mantenere un presidio di legalità unico anche e soprattutto per la centralità d'azione ed operatività che era stata riservata una volta tanto alla nostra Reggio. Ridurre quella centralità significa umiliare ancora il nostro territorio, vuol dire sfiduciare e togliere speranza a chi vuole battersi per vincere contro il nemico principale di questa terra.
Senza mezze parole e contraddittorie verità come ha fatto fino a ieri in aula consiliare, dove il consigliere delegato Iachino ha risposto alla domanda del suo collega Ripepi rassicurandolo circa un non meglio precisato impegno di Sindaco e Giunta verso la scongiura della ennesima spoliazione, subito smentita dai consiglieri Castorina e Minniti che viceversa hanno liquidato la faccenda come battaglia di campanile, lotta per una mera bandiera.
Evocano troppi fantasmi del passato le dichiarazioni dei consiglieri comunali, rimandano ai tristi giorni in cui si diceva che anche la lotta per il capoluogo lo fosse.
Forse i simboli e le bandiere non hanno grande significato per chi fa del cosmopolitismo una ideologia, per chi il senso di appartenenza è un antipatico, obsoleto fardello da gettare via dalla mongolfiera della propria azione politica. Ma per chi dice di amare questa città non dovrebbe essere troppo facile liberarsi di una identità territoriale per allinearsi alle decisioni romane di partito.
Viceversa, il Movimento Nazionale ritiene che l’ubicazione della sede principale a Reggio Calabria, oltre ad avere un valore indiscutibilmente simbolico, può e deve rappresentare, in un territorio economicamente “depresso”, un punto di riferimento per cogliere dalle confische dei beni delle opportunità di sviluppo e crescita. Solo così questi beni potranno diventare risorse economiche e sociali per la nostra collettività, per il nostro territorio, perché il “maltolto” diventi welfare, e costituisca anche una sorta di “risarcimento” dello Stato nei confronti della provincia reggina tutta, afflitta da decenni dal peggior crimine organizzato del Paese.
Quando nel marzo 2010 il Parlamento votò all’unanimità la legge di conversione del decreto istitutivo dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata la città di Reggio Calabria divenne la sede principale di un ufficio pubblico di rilievo nazionale. Oggi non si può e non si deve tornare indietro rispetto ad una scelta illuminata per la nostra città da difendere ad oltranza.
La nascita di questo nuovo Ente ha sicuramente contribuito ad accendere ancora di più i riflettori su un settore delicato e strategico per la lotta al malaffare mafioso: sottrarre le ricchezze a chi le ha realizzate con la sopraffazione, drogando l’economia legale, per restituirle alla collettività, a quella società civile soffocata da gruppi criminali privi di ogni scrupolo. Il lavoro sinora prestato dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura è stato a dir poco encomiabile e fa parte di un percorso che il legislatore ha voluto realizzare per dare continuità all’azione dello Stato.
Non si tratta di difendere un pennacchio, ma di mantenere un presidio di legalità unico anche e soprattutto per la centralità d'azione ed operatività che era stata riservata una volta tanto alla nostra Reggio. Ridurre quella centralità significa umiliare ancora il nostro territorio, vuol dire sfiduciare e togliere speranza a chi vuole battersi per vincere contro il nemico principale di questa terra.
Ernesto Siclari
commissario provinciale
Movimento Nazionaleper la Sovranità
Nessun commento:
Posta un commento