martedì 2 ottobre 2018

MILANO. Due professionisti ricorrono alla ‘ndrangheta per riscuotere un credito

MILANO. Il locale Centro operativo Dia, coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia (procuratore aggiunto Alessandra Dolci e sostituto procuratore Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena), questa mattina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, nell'ambito dell'operazione 'Linfa', emessa dal gip Paolo Guidi del locale Tribunale nei confronti di Paola Galliani, 49 anni, Giuseppe Morabito, 49 anni,  Enrico Verità, 57 anni,  Massimo Emiliano Ferraro, 42 anni, e Federico Ciliberto, 24 anni, per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L’attività odierna rappresenta la prosecuzione delle operazioni “Linfa” e “Kerina 2” che, nei mesi scorsi, avevano portato complessivamente al sequestro di oltre 150 kg di sostanza stupefacente ed all’arresto di 17 persone, principalmente di origini calabresi, per associazione finalizzata al traffico e alla detenzione di sostanze stupefacenti.

Lo scorso 27 gennaio era stato, altresì, tratto in arresto Edoardo Novella, figlio di Carmelo, già reggente della struttura di ‘ndrangheta denominata “Lombardia”, ucciso in un agguato il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona (Milano).

Edoardo Novella rivestiva nell’organizzazione indagata un ruolo di rilievo, in quanto aveva messo a disposizione, per il traffico di droga, i locali di una società a lui riconducibile.

I destinatari delle ordinanze eseguite questa mattina - tre dei quali (Giuseppe Morabito, Massimo Emiliano Ferrara e Federico Ciliberto) già condannati in primo grado per l’associazione finalizzata al narcotraffico di cui sopra - sono stati ritenuti gravemente indiziati di un violento pestaggio avvenuto all’inizio del 2017 e consumato ai danni di un imprenditore locale.

L’attività investigativa della Dia di Milano ha, infatti, consentito di dimostrare che i due “colletti bianchi”, al fine di riscuotere un preteso credito, hanno chiesto ed ottenuto l’intervento di soggetti contigui all’associazione criminale di stampo mafioso ‘ndrangheta, in particolare, riconducibili alle cosche Pesce e Bellocco di Rosarno.

Gli stessi professionisti hanno attirato la vittima presso lo studio professionale con una scusa e lì è scattato l’agguato: gli altri indagati lo hanno circondato, minacciato e ripetutamente percosso, con lo scopo di estorcergli il pagamento dell’ingente somma di denaro.

In quella ed in successive occasioni, gli indagati hanno richiamato minacciosamente le proprie origini e la contiguità con l’organizzazione mafiosa ‘ndrangheta.

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